Shiarà, quel Catarratto che sfida il tempo 0

CEFALÙ (Pa). “Shiarà” Catarratto. È la varietà a bacca bianca più coltivata in Sicilia. Su  quasi 100 mila ettari di vigneto in Sicilia, circa il 35% è appannaggio di questo vitigno coltivato da oltre tre secoli. Stiamo parlando del Catarratto, del quale si hanno notizie già a fine XVII secolo nell’Hortus Catholicus di Francesco Cupani, frate e botanico. Attualmente si distinguono almeno due varietà o cloni principali: il Bianco Comune e il Bianco Lucido. Anche se nuove normative appena entrate in vigore permettono di chiamarlo semplicemente “Lucido”.

Prima solo nell’uvaggio del Marsala…

L’importanza del vitigno è, per fortuna, fuori discussione. Coltivato in tutte le nove province, si ha la concentrazione più alta nel Trapanese dove, prima della diffusione del più alcolico e “marsaleggiante” Grillo, il Catarratto entrava in maniera preponderante nella composizione della Doc Marsala, tipologie Oro a Ambra.

…oggi realtà affermata

Oggi la situazione è molto diversa. Le aziende che si cimentano nella produzione di Catarratto oggi lo fanno con particolare scrupolo, realizzando vini dall’indiscusso livello qualitativo.

A Vigen verticale di sei annate

Ne è sana testimonianza una straordinaria “verticale” (stesso vino declinato in più annate), condotta da Luigi Salvo (in foto sopra a sinistra con Domenico Cannizzaro di Radio Time) e con la presenza del direttore commerciale Piero Buffa (in foto sotto), di una delle bottiglie più pregiate di Sicilia, lo Shiarà di Castelluccimiano, che ha avuto luogo a Cefalù durante Vigen, la prima manifestazione ideata in Sicilia che ha riguardato esclusivamente i vini da vitigni autoctoni regionali.

Castelluccimiano, il Catarratto
ad oltre mille metri di altitudine

L’azienda è di Salvatore Barone di Valledolmo (Pa) ai piedi delle Madonie, sorta sulle ceneri di una cantina sociale nel 2005 a cui lo stesso Barone afferiva in precedenza le uve. Altezze tra i 700 e i 1050 metri indicano a chiare lettere una vitivinicoltura di montagna, oseremmo dire “quasi eroica”, e permettono una peculiare ricchezza territoriale che si esprime attraverso una straordinaria variegazione del bouquet aromatico, ma soprattutto attraverso grandi acidità perfettamente sostenute dalla struttura.

Tonino Guzzo l’enologo “papà” dello Shiarà

Caratteristiche per nulla accostabili a nessun altro prodotto siciliano che rendono singolare questa riserva, proveniente da ben quaranta micro vigneti differenti, addirittura da essere scambiata per altoatesina in una roulette di vini tedeschi da Riesling. Il papà è quel genio di Tonino Guzzo (in foto sopra), enologo di fama nazionale, “genitore” di tante altre perle dell’enologia isolana e che vanta molteplici collaborazioni. Tonino gli fa fare tra 30 e 40 i giorni di contatto delle bucce col mosto (che nemmeno un Barolo!). Poi sei mesi di acciaio e quattro di bottiglia. Niente legno.

Sono sei le annate in degustazione: dalla 2012 alla 2017. Si parte come da consueto dalle profondità espressive dell’annata più vecchia per arrivare alle immediatezze espressive della più giovane.

2012
Dorato carico, di grande struttura. Naso soffice e morbido intriso di miele, olio per mobili, cera d’api a cui sussegue un floreale giallo macerato, delle erbe officinali e delle spezie dolci. In bocca ha una bella morbidezza e grande intensità. Non briosa la spalla acida. Riecheggia in bocca, però, con buona lunghezza.
[89]

2013
Un carattere minerale che dirompe a tutto tondo e che emoziona. Un profilo da perfetto vino alsaziano da Riesling che esprime note toccanti di idrocarburi. Una complessità olfattiva di nobile registro che trova entusiasmo smodato tra i “nasi” presenti. E ancora note floreali e fruttate gialle, tra cui cedro candito, che viaggiano tra il croccante ed il maturo. Macchia mediterranea. Chiusura di mandorla. Bocca perfettamente in linea col naso. Scientifica. Un sorso infinito che quando sembra che stia per chiudersi, si ripropone di nuovo pimpante e vivace. Perfetta vigorie acidica e sapida sostengono il corpo e gli permettono di avere una retrolfazione di lunghezza davvero sorprendente.
[93]

2014
Ha chiare e nette assonanze con la ’13, soprattutto nel richiamo floreale e fruttato con pesca gialla, mango e frutto della passione. Caratteri di tostatura, pur non avendo mai fatto legno. La rilevazione minerale dell’idrocarburo è un tono sotto rispetto alla precedente, ma dona ugualmente grande piacevolezza aromatica. Al gusto ha una marcata sapidità a tal punto da avere in bocca una sensazione limacciosa e filante. Una impercettibile acetalizzazione non permette il migliore apprezzamento di sé e la pospone in valutazione complessiva alla 2013.
[91]

2015
Affiora subito un carattere mielato e dolce. Calibrazione perfetta di frutto che risulta più rotondo e più polposo. Naso leggermente più misterioso (ma è colpa della temperatura bassa!). In bocca ha una intensità galoppante. Una spinta propulsiva all’ingresso ne denota una strabiliante completezza di frutto che viaggia di pari passo ad una lunga persistenza aromatica. Ha in serbo per gli anni a venire un futuro splendente. La sua potenzialità oggi è paragonabile alla effettività in atto sulla 2013.
[90]

2016
Ha una olfazione jump e una completa pienezza di frutto e di fiore. Note freschissime di pera e pesca bianca la isolano e la differenziano ampiamente dai caratteri di ricchezza aromatica delle precedenti. Al gusto ha compiutezza palatale amplificata dalla gioventù delle durezze in piena efficienza di “lavoro”. È dritta, diretta. È divertente e molto piacevole. Ha strada davanti.
[88]

2017
Il colore quasi verdolino la distacca dalle tonalità dorate di tutte le precedenti. Glicine, limone, pompelmo e frutta tropicale ricca di acidità la caratterizzano. Piccole note speziate ed erbacee la puntellano di piacevolezza. Estrema gioventù e grande godibilità al palato. Il futuro è tutto suo e la attende una grande carriera.
[89]

Sarebbe finita qui, ma Vigen ha una carta vincente che stupisce tutti e tira fuori una chicca. Uno Shiarà del 2008, ben undici anni di distanza dalla contemporaneità che farebbero impallidire anche un vino dell’Alto Adige.
Ha un luminoso giallo dorato nel bicchiere e mostra subito note di evoluzione importanti e mielate che si uniscono a quelle terziarie di etereo e di smalto. Ma anche fungo porcino, sasso bagnato, tartufo, ananas sciroppato e note terrose dipingono la scena. Chiude una singolare nota maltata che ricorda il Bourbon. La bocca è ancora di buona godibilità. Vengono fuori delle particolari note astringenti poiché cala l’acidità ed emerge quel tannino “non-tannino”. Abbinato al giusto piatto, questo Shiarà troverebbe la sua connotazione perfetta.
[88]

 

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