PALERMO. “Il prossimo anno deve parlare siciliano. Non solo per promuovere i prodotti della nostra terra ma soprattutto per sostenere quegli imprenditori locali che, a causa della pandemia, rischiano di perdere quanto faticosamente avevano costruito puntando sulla qualità e la genuinità del territorio sganciandosi dalla produzione commerciale e dalle logiche del marketing delle
grandi aziende”.
A lanciare la proposta è Margherita Tomasello, presidente dell’Accademia Siciliana della Pasta che vuole essere un punto di riferimento sul mondo dei prodotti biologici e certificati a km0. Oltre alla pasta realizzata dai mulini locali già in vendita nei supermercati con il marchio “Sicilia Naturalmente”, Tomasello ha deciso di lanciare due pacchi che portano il nome delle bellissime isole siciliane di Ustica e Lipari con all’interno prodotti rigorosamente made in Sicily.
“Chi vorrà acquistarli troverà al loro interno la pasta prodotta in modo artigianale con il 100 per cento di grano duro siciliano – dice l’imprenditrice, la cui famiglia è stata proprietaria dello storico pastificio palermitano – ma anche la salsa di datterino, selezionata attentamente per il suo sapore intenso e Mediterraneo che evoca l’Isola in ogni piatto, e l’olio extra vergine d’oliva, Igp siciliano, estratto a freddo.
E in più un piccolo regalo: i grembiuli e i poggia caffettiere realizzati da piccoli artigiani delle nostre province che, giorno dopo giorno, lavorano per tramandare la nostra tradizione, sia pure in chiave rivisitata e moderna”. Nonostante la pandemia, il bilancio di quest’anno di Accademia Siciliana della Pasta, si chiude con un saldo nettamente positivo.
E’ in corso, infatti, il complesso procedimento che in un paio d’anni potrebbe portare al riconoscimento dell’indicazione geografica protetta (I.G.P.) della pasta siciliana: ci sono già state le prime riunioni, in videoconferenza, con i più importanti pastifici regionali per creare una sorta di “cartello” di produttori siciliani che aderiscono all’iniziativa.
Si tratta del primo ma decisivo passaggio per presentare la proposta alla Comunità Europea: Accademia Siciliana della Pasta sarà affiancata dal Consorzio Ballatore, ente di ricerca pubblico che studia l’intera filiera dei cereali, i cui soci fondatori sono l’assessorato regionale Agricoltura; la Cooperativa Agricola Valle del Dittaino; il Centro Studi Operativi Tecnici ed Economici Nino Zizzo e il Dipartimento di Agrobiologia e Agrochimica dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.
“Lo scopo – continua Margherita Tomasello – è di contrastare l’arrivo in Sicilia di grano canadese, contenente glifosato (una sostanza chimica che serve per aumentare il tasso di glutine, ndr), che viene acquistato per il suo basso costo e che non garantisce un prodotto di qualità. La certificazione interessa un mondo di centinaia di produttori siciliani e “impatta” sui consumatori, i quali, grazie al marchio Igp, potranno acquistare la pasta realizzata con un preciso protocollo che ne assicura la tracciabilità e la genuinità di tutte le sue componenti”.
L’IGP dedicato alla “Pasta di Sicilia” dovrà essere ottenuto dall’impasto della semola di grano duro siciliano con acqua locale, così come i formati per il consumo dovranno essere diversi, tutti tipici, e frutto della fantasia dei pastai: “Non è ammissibile – conclude il presidente dell’Accademia Siciliana della Pasta – che la pasta siciliana non abbia ancora la denominazione d’origine che viene assegnata a quei prodotti agricoli o alimentari che vengono realizzati in uno specifico territorio, come ad esempio è avvenuto con la Pasta di Gragnano.
La nostra pasta, grazie al clima e alla genuinità dei grani selezionati e maturati al sole, offre una qualita? superiore e non ha nulla da invidiare a etichette più famose rendendola riconoscibile al tatto e al gusto e particolarmente adatta ai sughi e ai condimenti. Inoltre siamo conosciuti nel mondo per la maestria dei pastai e non a caso la Sicilia è la regione con più consumatori di pasta procapite, quasi il 40 per cento rispetto al resto del Paese”.