CASTELDACCIA (Pa). Cosa rende un vino icona? Dev’essere stato sicuramente lo stesso interrogativo che quarant’anni fa si pose Franco Giacosa, quando nel 1982 diede vita a quella impalcatura miliare che due anni più tardi divenne storia a tutti gli effetti: il Duca Enrico, primo monovarietale da Nero d’Avola in purezza di Sicilia.
Duca Enrico, da 38 anni la storia
del Nero d’Avola in Sicilia
Dedicato al grande Duca Enrico Alliata, pronipote di Giuseppe Alliata, quest’ultimo fondatore nel 1824 della casa vinicola, principe di Villafranca e Duca di Salaparuta, oggi il Duca Enrico è la fotografia nitida di un racconto enoico internazionale cercato e voluto con l’artigianalità del saper fare di quattro decenni fa cercando l’areale prediletto per quello che sarebbe diventato “il” Nero d’Avola per eccellenza.
Franco Giacosa sceglie la Sicilia centro-orientale, per la precisione Tenuta Suor Marchesa a Riesi (CL). Un territorio profondamente calcareo, ma anche argilloso, con struttura drenante in cui le radici della pianta hanno la possibilità di scendere in profondità per trovare l’acqua e sviluppare vigore anche in estate.
Due anni dopo, nel 1984 ha urgenza, ha grande necessità di dimostrare al mondo intero che la Sicilia può stare al passo dei grandi, ossia dei Francesi. Scelti territorio, rese e tecniche agronomiche, s’è subito dato vita al progetto.
Duca Enrico, icona costruita per il futuro
Un percorso enoico contemporaneo che guardasse al futuro non giocando in difesa, ma in attacco, cominciando già dalla scelta del legno per la maturazione. Negli anni ’80 in Sicilia, infatti, si usava il castagno. Giacosa sovvertì le regole adottando il rovere francese. Un concetto, il suo, di “eleganza”, di “grande bellezza” agli occhi del mondo.
Il Duca Enrico, così, valica e perde i confini aziendali, diventa corale, diventa vino di tutti. Diventa simbolo, emblema di un’enologia siciliana fin lì succube degli eventi. Un passaggio a icona costruita su un substrato di crescita. Un progetto che diventa rivoluzionario poiché funge come uno scoccare di scintilla per tanti altri a seguire.
La linea che Franco Giacosa persegue è quella dell’eccellenza. Era finalmente riuscito a dimostrare l’esistenza di una Sicilia del Nero d’Avola.
Alberello e grande qualità in pianta
Il viaggio del Nero d’Avola parte, così, nel 1984 da alcuni conferitori della Duca di Salaparuta. Diventa, poi, cru nel 2001 quando le uve divennero di proprietà dell’azienda. Sono 127 gli ettari vitati a Suor Marchesa, una tenuta isolata tra i 300 e i 350 metri di altitudine, che ha una ventilazione straordinaria. L’appezzamento di Duca Enrico è uno solo ed è ad alberello. Cinquemila ceppi per ettaro con 1,2 chilogrammi appena per pianta. Una resa bassa e intelligente che afferisce al vino una ricca concentrazione di aromi e colore nel calice.
Il clima a Riesi è sempre caldo, secco, mitigato dalle brezze del mare. Severa selezione manuale dei migliori grappoli. Diraspatura, fermentazione tra i 28 e i 30 °C, macerazione di una decina di giorni, maturazione di almeno 18 mesi in barrique di rovere francese. Poi riversato in 12 mila bottiglie per altri 18 mesi di cantina.
Assieme agli enologi siciliani Francesco Miceli e Salvo Tomasello, in compagnia di Barbara Tamburini, consulente enologa toscana alla Duca di Salaparuta dal 2020, in compagnia di ristoratori e giornalisti è stata effettuata una straordinaria verticale di sei vendemmie che è partita dall’ultima annata in commercio fino alla gloriosa 1985.
La degustazione: dalla 2018 alla 1985
2013
Annata con temperature medie. Piogge in autunno e in inverno. Primavera ed estate fresche, caratterizzate da poca pioggia. Corretta maturazione complessiva dell’uva.
Rosso rubino intenso. Ha il naso corretto, pulito, integro. Esce il frutto importante con susina matura, una ricca sensazione floreale di rosa e violetta macerata, carruba e incenso.
Ingresso orale fresco, importante e vivace. Centro bocca pieno con tannini morbidi. Ha persistenza lunga corroborata da vivida freschezza: è un’assicurazione sulla futura lunga vita. [90]
2009
Annata con inverno mite, primavera fresca e classica estate siciliana. Perfetta maturazione polifenolica dell’uva.
È rubino intenso con orlo granato. Naso complesso che apre con toni balsamici e di grafite che ci portano a contatto col terreno. Le sensazioni terziarie sono ancora accennate. Ruotando fuoriescono note di viola e lavanda, poi oliva, cappero, mandorla e menta. Integrità perfetta.
In bocca è strutturato, largo. Maturità fenolica perfetta. Tannino vellutato che esprime perfettamente la maturità delle uve. Perfetta corrispondenza aromi-odori.
Un impercettibile accenno di acetalizzazione nella retrolfattiva non danneggia la grande opinione che ha dato di sé questa 2009, spartiacque importante per Duca Enrico. [92]
2004
Temperature basse, piogge in tutte le stagioni, specie in primavera. Estate fresca, grandi escursioni termiche, perfetta maturazione.
Qui una scelta enologica un po’ diversa: una leggera surmaturazione fa capolino nelle logiche organolettiche, ma il potenziale del Nero d’Avola è stato preservato. Al naso frutti rossi maturi già a bicchiere fermo. Poi fichi caramellati, note speziate, incenso, noce moscata cannella, aghi di pino e una sensazione accesa di cuoio lavorato.
Sorso pieno, centro bocca di spessore, manifesta la personalità del grande vitigno. Persistenza lunga con la dolcezza del frutto maturo, ma un pizzico più corta della 2009. [91]
1999
Inverno e primavera miti, estate molto calda, torrida e siccitosa in agosto. Ottima la concentrazione zuccherina e fenolica delle uve.
È rosso granato. Le note terziarie sono le prime a uscire. Ciliegia nera sotto spirito, prugna matura e pellame. Poi ancora fieno, camomilla e sensazioni che ci riportano alla campagna.
In bocca torna la ciliegia sotto spirito. Forti sensazioni boisé e tocchi di caffe macinato. Rilevante freschezza che dà finale piacevole. Primo e centro sorso eccezionali, nel lungo permane sensazione tannica. Per essere “vecchia” 23 anni ha la sua importante lunghezza. [89]
1985
Annata ottima. Le piogge primaverili hanno fatto ritardare il ciclo vegetativo. Le forti calure estive hanno consentito un notevole recupero con una maturazione delle uve addirittura leggermente anticipata.
Ha un colore granato lucente, sfavillante, addirittura più vivido e vivace della 1999. È frutto di una grande annata.
La sequela che offre il naso è veramente importante, rotonda, circolare. Una grande espressione variegata. Ci sono le note terziarie, ma sono solo corredo dell’integrazione perfetta con le secondarie. Cuoio lavorato, lucido da scarpe, torrefazione, cacao amaro, carruba, frutti di bosco sotto spirito, arancia sanguinella candita, liquirizia, caffè amaro, sottobosco, balsamico. Conturbante davvero.
Bocca piena di dinamismo, di energia. È allegramente pimpante e possiede una grande acidità che accompagna perfettamente tutte le rilevazioni olfattive. Finale liturgico. Magnifico. Il vino rischia di finire in pochi minuti dall’apertura. Meravigliosa magnificenza a ben 37 anni dalla vendemmia. [96+]
2018
Inverno freddo e piovoso. Primavera mite. Piogge utili alle piante per costituire una riserva idrica che s’è rivelata necessaria nelle settimane successive. Giugno caldo e asciutto. In luglio e agosto temperature più miti. Ottima maturazione.
Rosso rubino con periferia porpora. Perfetta gioventù al naso con rimandi ad inchiostro, frutto rosso elegante e strutturato. Bouquet floreale con rosa rossa, glicine, piccolo frutto nero maturo. Ha una spezia nera e dolce complementare, non invadente. Il legno è al momento solo un accessorio per il carattere varietale e si manifesta con cacao dolce, liquirizia, umami e tartufo.
All’assaggio il tannino è fitto, deciso, ma non aspro. Carezzevole quanto basta e ti invoglia a bere ancora.
Vino con grande proiezione futura. Odierno, ma lungimirante. Grande potenza oggi che sarà evoluzione domani. [90]