CATANIA. È tutto merito suo se in Sicilia si è tornati a tifare rosa in una kermesse aperta al pubblico. Dopo il successo dell’edizione 2018, infatti, Gea Calì (sotto a dx), sommelier ed imprenditrice catanese, ha riproposto Drink Pink in Sicily il 25 giugno scorso al SAL, Spazio Avanzamento Lavori, di Catania.
Drink Pink, unico evento
sui rosati in Sicilia
L’evento, unico nel suo genere nell’Isola, ha ospitato numerose cantine siciliane provenienti da tutti e tre i Valli ed è interamente dedicato al vino rosato, fino a pochissimo tempo fa erroneamente accantonato dai riflettori di interesse sia mediatici, sia culturali, sia di consumo.
Molte le iniziative che si sono succedute quest’anno che hanno solleticato sensi e curiosità di appassionati ed amanti del bere bene in rosa.
A metà mattina il seminario “Sette Bolle Rosa – La sfida del Metodo Classico in Sicilia”, condotta da Marco Giustiniani, Champagne & Wine Consultant, che ha degustato col pubblico etichette provenienti dai tre angoli di Sicilia.
Alle 16.30, invece, la tavola rotonda sull’evoluzione del vino rosato, mentre alle 18 l’apertura dei banchi d’assaggio.
Alle 18.30, invece, è andata in scena una “verticale” del tutto singolare. Se ne sentono dire in giro pochissime e di piccola profondità. Sono inusuali e a volte strabuzzi gli occhi se qualcuno ti viene a dire che ne ha fatta una.
Stiamo parlando del rosato di Paolo Calì (in foto sotto a sx), verace produttore del Vittoriese, che del Frappato in questi ultimi anni ha fatto una vera e propria filosofia di vita.
«È cresciuto negli ultimi tempi l’interesse dei produttori – dice proprio Paolo Calì – che ormai guarda con attenzione alla gittata temporale ed evolutiva di questa tipologia, oggi per fortuna non soltanto relegata a forzature che ne impongono il consumo entro 12 o, al massimo, 24 mesi».
Paolo si accorge che il suo “Osa!” rosato regge moltissimo il passare degli anni e gli solletica l’idea che avrebbe potuto generare anche qualcosa di didattico. Proprio in unione di intenti con la sua omonima, Gea, tira fuori questa idea di proporre di “Osa!” dalla prima all’ultima vendemmia in un contesto pubblico.
Verticale di sette “Osa!” Frappato
Eccezion fatta per la 2009, mai prodotta causa oidio, Paolo segue i consigli del suo enologo, quel “drago” toscano di Emiliano Falsini, e porta le annate 2018–2017–2016–2015–2014–2013–2008. Le cinque più vecchie con lieviti selezionati, le altre con autoctoni che lo agganciano ancor di più a territorio e vitigno stesso.
La vivacità nel colore
Nel rosato è fondamentale. Pochi i polifenoli e gli antociani. Il viraggio a colori aranciati è dietro l’angolo. Il Frappato, fulgido esempio di longevità, non vira verso sentori “ammarsalati”, bensì sprigiona profonde note in un crescendo di mineralìtà man mano che ci si discosta dal presente. D’altronde i terreni di Paolo sono a pochi metri da Vittoria: oltre ad arrivare in estate a temperature incandescenti che sfiorano gli 80 °C, il suolo è composto da dune marine preistoriche.
Russo: troppi i luoghi comuni
sui rosati
Dicevamo dei luoghi comuni che attorno ai rosati gravitano. Ebbene, oggi sono da sdoganare. «Il rosato in Italia non ha una tradizione – dice Francesco Saverio Russo (foto sopra a sx), wineblogger ed enogastronauta, come ama definirsi egli stesso – e l’importante è non snaturare l’essenza del vino nonostante le mode effimere».
Questa tipologia nasce da salasso in Salento nel 1943, durante la seconda Guerra Mondiale, col Five Roses, ancora oggi il rosé più famoso d’Italia. Anche i più grandi di Provenza hanno una piccola percentuale di salasso come il suo portabandiera Château Simone.
Quello straordinario equilibrio
tra struttura ed acidità
Così come quello da Negramaro, per restare nei confini nazionali, anche l’Osa da Frappato si distingue per la sua naturale vocazione ad evolvere. E il magico fil rouge che lega indissolubilmente tutte le annate di “Osa!” è lo straordinario equilibrio tra struttura ed acidità, che esprime un gradiente a scalare, un climax naturale che va dai profumi floreali e fruttati delle ultime annate fino ad una prepotente mineralità delle più lontane. Mai sottovalutando la duttilità dovuta alla possibilità di varianza di servizio su almeno tre range di temperature differenti.
Tanti i parametri che fanno grande questo vino. Ha un vitigno che si presta molto per le acidità spiccate; ha precursori che si rilasciano nel tempo tra cui la molecola 1,1,6-trimetil-1,2-diidronaftalene, “per gli amici” TDN, aroma terziario che rilascia sensazioni di kerosene e pietra focaia tipiche del Riesling Renano; ha l’intriganza della speziatura doluta al Rotundone, molecola “pepata” dapprima relegata solo ai Syrah, ma anche a Schioppettino, Freisa e Vernaccia di Serrapetrona.
Piacevolezza, slancio
ed evoluzione
Sono questi i tre i momenti che possiamo sintetizzare di questo Frappato rosato. E se ci aggiungiamo che Paolo lascia un minimo di residuo zuccherino che in bottiglia porta ad uno stuzzicante pétillant, il cerchio è completo. Quella piccola dose di carbonica che si sviluppa (per nulla celata nel “sottotitolo” del vino “Questo non è un vino tranquillo”), infatti, è un magnifico esaltatore di freschezza e sapidità che rende più agile il vino e gli funge persino da conservante naturale.
Tra le annate più recenti (2018-2017) in risalto le note fresche del frutto e quelle speziature lievi che lo rendono meno noioso e molto accattivante, vuoi per il suo nerbo ancora acido e sapido, vuoi per la sua agilità. Apre e chiude sempre bene, mostrando pulizia a fine sorso.
Nella ’16 e nella ’15 il naso perde inevitabilmente il contatto col frutto, ma si genera una coinvolgente mineralità, con note di anice e sorba matura che supportano quelle di idrocarburo. Niente stanchezza, solo vividezza e ottima dinamica di beva. Vini in “formissima”.
2014: annata pessima in tutta Italia. Non in Sicilia però. Cominciano le profonde evoluzioni da Riesling, che si ripercuotono anche nella 2013, corroborate da rose macerate, cipria, resina, note burrose di mandorla e di polvere di caffè. «Il rosato se prende la strada giusta – dice contento Saverio Russo – ha le magnificenze dei più grandi bianchi del mondo». Fa capolino l’ossidazione.
La 2008 è un’apoteosi tra incredulità e piacevolezze. Arancia sanguinella candita, caramella Rossana, tamarindo, spezie dolci. Impossibile a dirsi o anche solo immaginarlo, ma ad undici anni dalla vendemmia, struttura ed acidità vincono ancora insieme, regalando poliedricità di sensazioni ed una piacevolezza seduttiva davvero disarmante.