TORTORICI (Me). Acqua, zucchero e nocciole dei Nebrodi. Semplicemente tre ingredienti. Tutto qui. La specialità in questione è la pasta reale, un dolce che ha lontane origini in un piccolo paese. Siamo a Tortorici, piccolo centro di 6 mila abitanti in provincia di Messina.
Tortorici, il paese delle campane
Nel Medioevo era chiamato “paese delle campane” poiché si fondevano rame, stagno e bronzo per produrre oggetti per le chiese per la Sicilia e non solo. E la pasta reale di Tortorici è proprio l’ultimo nato tra i presidi Slow Food dell’Isola.
I presidi Slow Food
Una Sicilia che svetta altissima in testa poiché con quello della pasta reale consolida il primo posto con ben 52 presidi sui 356 totali in tutta Italia, possedendo, dunque, circa il 15% dei presidi totali davanti a Campania (41), Piemonte (37), Toscana (22) e Abruzzo (18).
Questione di fede e di manualità
«Si tratta di una preparazione dalle origini antichissime, di cui abbiamo testimonianze già alla fine del Seicento», racconta Lidia Calà Scarcione, pasticcera e referente dei due produttori che aderiscono al presidio. La storia ci riporta all’epoca in cui a Tortorici sorgeva il convento delle suore clarisse. Come spesso accade, il dolce nasce dalla tradizione dei conventi, dove le monache vivevano, pregavano ed erano solite preparare biscotti e dolci.
«Poi, però, con le leggi del 1866 e del 1867, il neonato Regno d’Italia confiscò i beni ecclesiastici – aggiunge Vincenzo Pruiti, referente Slow Food del Presidio della pasta reale di Tortorici – e così anche il convento della cittadina venne chiuso». Le suore, rimaste di fatto sfollate, furono accolte nelle case delle famiglie più benestanti di Tortorici, portando con sé e tramandando oralmente anche i segreti della preparazione del dolce.
Forma piatta, irregolare, con un rigonfiamento centrale. Sembra semplicissimo a fare, ma ci sono delle insidie. «Secondo alcuni è un omaggio alla montagna, monte San Pietro, che sovrasta il paese – prosegue Lidia Calà Scarcione. Per altri, invece, assomiglierebbe a una corona. Infatti era abitudine offrire le paste ai regnanti».
Ma al di là della leggenda rimane da spiegarsi quel rigonfiamento. «In forno i dolci scoppiano – continua Lidia. Non esiste una ricetta precisa, molto dipende da come vengono tritate le nocciole tostate: a seconda della loro finezza, la granella di nocciole assorbe più o meno acqua, quindi bisogna regolarsi con l’esperienza e la manualità».
Già, perché pur avendo pochissimi ingredienti, la preparazione nasconde alcune insidie. E’ sufficiente guardare una fotografia della pasta reale di Tortorici per cogliere le particolarità del dolce. Si presenta di forma piatta e irregolare, con un rigonfiamento nella parte centrale.
Una volta preparato l’impasto di acqua, zucchero e nocciole tritate, aggiungendo un po’ di farina si formano delle sfere che si lasciano riposare su un tagliere di legno per due o tre giorni. A quel punto si infornano e si attende che la pasta reale scoppi, facendo sciogliere lo zucchero e generando la caratteristica forma del dolce.
La provincia di Messina ha una lunga tradizione nella coltivazione dei noccioleti che va indietro fino al Cinquecento. Alcune zone montuose ben si prestano e la pianta del nocciolo ben si presta al tipo di terreno attraverso radici fitte, ma superficiali.
L’arrivo della fillossera ad inizio secolo scorso distrusse molto del vigneto Sicilia. Disperati, i contadini decisero di piantare, così, noccioli. Così, all’interno del Parco Naturale dei Nebrodi, ancora oggi si preservano numerosi ecotipi locali di nocciole. Un patrimonio di biodiversità che fa la fortuna del luogo e di chi sa valorizzare in pasticceria il frutto di queste piante.
Il presidio Slow Food della pasta reale di Tortorici è sostenuto dalla Regione Sicilia, Assessorato dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea. Sarà a Terra Madre Salone del Gusto, l’evento internazionale dedicato all’agricoltura, all’allevamento e alla produzione alimentare più importante al mondo, in programma a Torino dal 22 al 26 settembre prossimi.