Voglar, quel Sauvignon “dogmatico” che sa di genuino 1

PENONE (BZ). Dal trentino fogolar (focolare), quello di Peter Dipoli è un vino che sta nell’Olimpo dei grandi Sauvignon Blanc d’Italia. L’azienda è del 1987. Voglar è la zona dei terreni. Siamo a 500-600 metri sopra il livello del mare, natura sabbiosa, scheletro calcareo di origine dolomitica. Allevamento a Guyot, 7.500 piante per ettaro. La zona è quella di Penone, frazione di Cortaccia, circa 30 km a Nord di Trento.

Dipoli, istrione col suo Sauvignon Blanc

Peter, 64 anni, è noto in tutto lo Stivale: produttore, distributore, consulente, talent scout. Di rarissima capacità e competenza, rappresenta orgogliosamente i piccoli vignaioli di qualità. Vero e proprio istrione del panorama enologico italiano. Impulsivo, vulcanico, energico, deciso: non sbaglia un colpo. Il suo vino è schietto e sincero. Zero filtri.

A ciascun vitigno il suo habitat naturale

La sua filosofia? Lo potete scorgere dalla sua pagina: è quasi integralista e sta essenzialmente in quel che sostiene. «Quando diventai produttore cercavo un metodo che interpretasse me stesso sulla scelta dei vitigni e sul vino prodotto. Ritengo che ogni vitigno vada collocato nell’habitat ad esso più congeniale. Al produttore solo il compito di trasformare l’uva, così come i vigneti gliel’hanno consegnata, in un prodotto fedele al terreno, all’ambiente, all’annata». Niente mode e niente manie, dunque, per il Peter altoatesino. Solo genuinità. Se si asseconda il gusto del mercato si compromette la naturale variabilità del prodotto e si snatura l’unicità del territorio. Un dogma per Dipoli.


Escursioni termiche e alto profilo qualitativo

Attualmente coltiva cinque ettari con Sauvignon Blanc, Merlot e Cabernet Sauvignon. Tra i ripidi declivi i filari traggono beneficio da ottimali esposizioni e da notevoli escursioni termiche. Dipoli fa nascere 40 mila bottiglie all’anno. I suoi vini incarnano un elevato ed elegante profilo qualitativo e generano sensazioni genuine, rustiche e molto profonde. Senza vie di mezzo insomma.

Quel naso che ammalia

Il naso è stregato da fragranze tropicali, agrumate di mandarino, mela verde, pompelmo e bergamotto. Ti solleticano anice stellato e chiodo di garofano. Pregevoli note erbacee di bosso, salvia, ortica e foglia di pomodoro. Accattivanti connotazioni minerali di idrocarburi, pietra focaia, polvere da sparo e gesso chiudono il quadro olfattivo. Di grande interesse.


Freschezza e sapidità nel segno del pompelmo

Il sorso è possente, è spesso, è “commovente”. Energico e fresco al contempo. Nitidezza di sensazioni gustative che ripetono quelle odorose. Il pompelmo impera. Vigorosa sapidità e gagliarda spina acidica sorreggono la sensazione pseudocalorica. A tratti nerbo, a tratti suadenza. Insieme eleganza. Deglutisci ed è lunghissima l’eco retrolfattiva dei ritorni agrumati e minerali. Ti pervade, ti persuade. Ti convince. E te ne fai felicemente una ragione.


Può invecchiare serenamente. Vorresti averne tanti in cantina. Da risentire per nuovi aromi tra 4-5 anni. Eccellente.
[93+].
In enoteca sui 22-23 euro.


Lo abbiniamo con un risotto zucca e salsiccia, mantecatura di Parmigiano e Asiago, paprika dolce, spezie, foglie di salvia, olio evo e noce di burro a fine cottura.

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